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Rubrica di Informazione ed Intrattenimento del Direttore Responsabile Maurizio Seby Bartolini)
Dal momento in cui alla coppia “gli si aprirono gli occhi” e provvidero a coprirsi «…intrecciarono foglie di fico e se ne fecero delle cinture.» (Genesi 3,7), il passo successivo fu quello della creazione di due tuniche da parte di Dio per cui si potrebbe dire che è stato Lui a realizzare il primo “prototipo di derivazione” della storia.
Questi sono oggetti, ai quali ci siamo convenzionalmente abituati, “fuori dal tempo e dallo spazio” e viene quasi da affermare che gli abiti non ci appartengono ma appartengono al Paradiso… possiamo dire pure “perduto”…
Come riferisce Quirino Conti nel suo libro “Mai il Mondo saprà” - Dio inaugura due creazioni e simbolicamente dà avvio al processo creativo per tanti per iniziare il susseguirsi delle mode intese come molteplicità e versatilità delle forme sul corpo - ma anche tutto l’assortimento che verrà prodotto nei secoli.
Questa gente era nomade quindi le tuniche dovevano essere pratiche visti gli spostamenti da fare.
Le due tuniche erano la massima forma di creatività: abito come raccolta riassuntiva di tutta la ricchezza possibile che verrà poi creata nel futuro e ai giorni nostri.
Dio ha lavorato le pelli e le ha disegnate per la coppia: tramite una procedura risultato di più step.
La questione del pudore quindi scatena l’inventiva degli artisti.
Nel duomo di Monreale Adamo ed Eva indossano delle tuniche simili a dei modelli di Gucci e in quelle vesti ci sono e portano con sé molti significati ed allusioni al vestirsi.
Concludendo Dio consegna ai nostri progenitori un manufatto, simbolico prototipo del rivestimento: la pelle. In un contesto storico-culturale avvezzo alla tessitura.
Il corpo è la materia di Dio e sarà nostro compito rivestirlo.
Il nostro genio quindi partirà dal quel momento per realizzare tutto il resto fino ai giorni nostri.
Gli uomini quindi hanno continuato a vestirsi, coprirsi e ripararsi dal freddo, crescendo ed evolvendo nello stile: la tunica rappresenta il “modus” e più tardi la moda.
Parte tutto da quel primo gesto, progredendo nella tradizione, autobiografica per eccellenza.
E da allora l’abito, le mode, gli stili, nella modernità del tempo hanno cambiato aspetto infinite volte, con grande eclettismo lontano dalla sola mera funzionalità; lo sforzo creativo si ritiene “opera” di passione oltre che esigenza profondamente sentimentale nonché intellettuale.
La moda cerca di cambiare con segni e sottintesi, vuole modificare il corpo costante e ripetitivo
In quelle due tuniche c’era il seme delle infinite possibilità creative che l’uomo avrebbe dovuto scoprire.
La copia del Mantello Imperiale di Bamberga
C’è voluto poco più di un anno di studio e di lavoro per riprodurre identico all’originale il mantello dell’imperatore conservato a Bamberga, e per vincere quella che, all’inizio, sembrava una sfida impossibile ma con grande perizia tecnica il fac-simile è stato portato a termine da un’équipe di disegnatori, ricamatori e sarti, che malgrado le straordinarie difficoltà tecniche che hanno ottenuto l’avallo della Soprintendenza di Monaco di Baviera, responsabile della tutela dell’originale tedesco.
Una posizione che rende merito alla cura e alla sapienza tecnica di tutto lo staff, e che, contemporaneamente, celebra l’importanza di tale opera nel documentare parte della storia europea.
Il programma iconografico ricamato in oro su fondo blu, infatti, mette in risalto il potere teocratico di colui che lo indossò, l’Imperatore Enrico II “sulle cui spalle stava l’Universo intero”… al tempo del Sacro Romano Impero, il potere si credeva trasmesso al sovrano per investitura divina.
Ritornando al corpo… un corpo è sempre vestito, superando la nudità: dall’espressione del volto, che lo modifica, lo piega e lo condiziona; mentre dal suo tempo, ne varia il colore stilistico e la disposizione formale.
L’abito non che è l’accessorio di un ulteriore abito infinitamente più espressivo come il volto, come facciata esplicativa. E se dal volto si riconoscono o si possono intuire le intenzioni di chi lo indossa, modificato dall’espressività e dagli stili, è dal corpo e dalla sua pelle “concitata” della Moda che si riconosce chi è, o vuol essere, o finge di essere, chi si ha dinanzi.
Questo concetto ci riporta all’abito come mezzo per dichiarare il proprio status sociale “Cresciuto” come nei parvenu oppure l’abito di grande eleganza indossato in Colazione da Tiffany.
L’abito si subisce e si incarica di variazioni continue per epoca, condizioni culturali, sociali, disposizioni, aspirazioni e propositi.
Come non ricordare che lo spacco in fondo alla giacca era una reminiscenza dell’uso che se ne faceva andando a cavallo e di una diversa lunghezza; al cosiddetto scollo a scialle che, molto poco avendo a che fare con qualsiasi scialle aveva un debito verso il cappuccio che 1800 anni fa si era molto appiattito fino a non potersi più utilizzare, andando poi a scomparire del tutto lasciando l’ampiezza.
Ricordiamo i piccoli “knit caps” che discendevano dal cappello frigio del 1789 (il berretto frigio o cappello frigio o berretto di Frigia è un copricapo rosso conico con la punta ripiegata in avanti) a sua volta discendente da un copricapo consacrato al culto di Artemide efesina.
Nel corso dei secoli soprattutto nei paesi nordici nascevano cappelli per proteggersi dal freddo come il Passamontagna.
Il berretto di maglia pull-down che va dalla corona sopra le orecchie e intorno al collo, con un foro per il viso, era conosciuto nell’esercito dell’Impero Britannico come berretto Uhlan o berretto Templare. Durante la guerra di Crimea, furono inviati alle truppe britanniche berretti fatti a mano per aiutarli a proteggersi dal freddo pungente prima o dopo la battaglia di Balaclava.
Il berretto divenne popolarmente noto come elmo passamontagna o semplicemente passamontagna tra i soldati.
Alcuni pezzi sono stati “adattati” secondo gli usi del momento diversi da quelli per cui erano stati creati/concepiti.
Sono stati cambiati dall’evoluzione degli stili di vita, possono anche avere un ulteriore percorso metaforico e simbolico, molto spesso nella moda succede questo.
Si utilizzano resti, appendici di mansioni sopite, le classicità, sui quali continuano a progredire in stile.
Facciamo l’esempio di Jean Paul Gaultier che si prestava al gioco creativo quasi scambiandosi il guardaroba con quello della donna, che portava gonne-kilt e maglie dalle profonde scollature, T-shirt breton style e abbinamenti audaci, come il pizzo sulla camicia da sera portata con i boxer, per rimodellare la percezione popolare della sessualità… senza lasciare indietro creazioni e collezioni ultra lussuose.
La moda è ciò che del corpo fisico continua ad evolvere negli stili; selettivamente, specializzando, trasformando e modificando. È un ulteriore “accrescimento” e un ulteriore “evoluzione”, ora mimati attraverso gli abiti, ciò che la moda continua a concedere a un corpo biologico apparentemente fermo.
Ed è questo il segreto del suo incessante ricominciare e ritentare un “nuovo” che sempre invecchia; e mentre tutto, tragicamente invecchia.
Poiché nulla è davvero nuovo, la Moda cresce per un nuovo “relativo” ha un’evoluzione che procede per equilibri e per “macroevoluzioni”, non per trascurabili “tendenze”.
Givenchy riconosciuto responsabile delle più gloriose rivoluzioni del costume moderno è stato capace di unire magistralmente semplicità e sofisticatezza, grazie all’equilibro tra linee pulite e ricchezza dei tessuti, tra attenzione maniacale al dettaglio e leggerezza delle silhouette.
Di collezione in collezione, dentro uno stile, idee e simboli scivolano via ed in embrione posseggono già le caratteristiche e la “sostanza” di quello che sarà la prossima sfilata e solo i couturier/stilisti sanno questo.
Posseggono il dono di prevedere.
Facendo una breve overview sugli inizi del ‘900, soprattutto nei primi anni di quel periodo caratterizzato dalla prima guerra mondiale, vediamo che cambia l’abbigliamento femminile.
L’inizio del 1900 erano ancora gli anni della cosiddetta Bella Epoque: un periodo particolare in cui il mondo iniziò a vivere in maniera più liberty.
La donna voleva sempre più assumere un ruolo di primo piano ed aveva dovuto sostituire i mariti partiti per la guerra. Si iniziarono a diffondere anche i tailleur, un capo fino a quel momento tipicamente maschili che entrano a far parte della moda donna.
Gli uomini molto formali all’inizio del Novecento e fino alla metà di inizio secolo, iniziarono a fare i conti invece con un look meno formale negli anni seguenti.
Il corpo di donna, iniziò ad essere messo in mostra grazie a dei corpetti aderenti, con la vita molto piccola. Le gonne tendevano ad allargarsi sul fondo, anche quelle fascianti sui fianchi. Inoltre, è proprio in questo periodo che iniziarono a farsi strada i colletti alti e le stecche contenitive. Ma anche i vestiti maschili, subirono un cambiamento, infatti l’uomo iniziò ad essere sempre più alla ricerca di capi importanti.
Nacquero la pelliccia sul colletto in versione invernale, mentre l’abito d’eccellenza era lo smoking. Il cappello più diffuso era quello a cilindro accompagnato dal classico bastone. Con l’arrivo degli anni 20, la tendenza poi cambiò ancora una volta condizionata dai successivi fatti storici che poi hanno riscritto il mondo dello stile e della moda. Di certo, si può dire che è proprio con l’arrivo del ‘900 che iniziò a farsi strada l’idea di glamour perseguendo sempre di più il cosiddetto stile raffinato e di etichetta fino ad arrivare alla nascita di nuove decorazioni e procedure di realizzazione di capi completamente rinnovati.
Dagli anni Trenta lo stile e la moda hanno subito tantissime influenze oltre a molteplici ripercussioni nelle tendenze fashion dove di generazione in generazione iniziava anche a cambiare un po’ tutto il panorama culturale e sociale in ogni angolo del Mondo.
Nella moda, come nel fashion in generale, non dobbiamo farci trarre in inganno da quelle che possono sembrare “regressioni” perché sono solo “evoluzioni” dall’immediatezza dell’evidenza sensoriale a una più complessa mediazione intellettuale. Dal figurativo all’astratto. Un progresso concettuale ed intellettuale: bello da pensare.
La Moda procede verso le “cose piccole” come dai vasti spazi siamo arrivati ai borghi, le vaste ampiezze e concettuali di un abito, del suo “spreco” evolutivamente procede verso dettagli ed accessori che con un minor dispendio di energie ne possano contenere le virtù stilistiche, oltre a quelle di una intera modernità.
Così la moda diventa sostenibile, per risparmiare energie e risorse.
Maurizio Seby Bartolini
Direttore Responsabile
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